html

countdown christmas

princess-film

Min: :Sec

martedì 8 novembre 2011

GIOSUE' CARDUCCI

* * 1835 - Giosuè Carducci, nasce a Valdicastello, frazione di Pietrasanta (Versilia) dal medico condotto Michele Carducci e da Ildeganda Celli. * * 1839 - II padre è trasferito a Bòlgheri (Maremma Pisana), qui Giosuè trascorre l'infanzia: luogo che spesso torna nella sua lirica "dolce paese, onde portai conforme / l'abito fiero e lo sdegnoso canto ". Il padre, carbonaro e mazziniano, la madre, innamorata dell'Alfieri, furono i suoi primi maestri in quell'ambiente in cui visse "Quel tratto della maremma che va da Cecina a San Vincenzo è il cerchio della mia fanciullezza e della mia prima adolescenza. Ivi vissi, o, per meglio dire errai, dal 1848 all'aprile del 1849" (Lettere, Ed. Naz., 21 voll., Bologna 1938- 1960, XI vol., p. 10). La famiglia Carducci a Bòlgheri rimane fino al 1849, quando si trasferisce prima a Castagneto e poi a Firenze. Qui Giosuè dal 1849 al 1852 studia presso l'istituto degli Scolopi. 1856 - Si laurea nella Scuola Normale di Pisa, andando ad insegnare subito dopo a San Miniato. Le letture di Foscolo e di Leopardi approfondirono in lui quel culto per le tradizioni e gli ideali classici, che lo indusse a fondare, con altri giovani letterati, la società letteraria degli " Amici pedanti " (1856). 1857 - Appare la sua prima raccolta di versi, intitolata "Rime". 1859 - Sposa Elvira Menicucci, dalla quale ebbe quattro figli: Dante, Bice, Laura e Libertà. 1860 - Terenzio Mamiani, ministro dell'Istruzione, chiamò il poeta a ricoprire la cattedra di letteratura italiana presso l'Università di Bologna. Nella prolusione pronunciata all'Università bolognese, egli confinava entro i limiti nazionali la sua esigenza di rinnovamento letterario, richiamandosi a una linea poetica che includeva Monti, Botta, Giordani e Colletta, ma escludeva rigorosamente Manzoni. Seguì un periodo di letture e di scoperte: Michelet, Quinet, Thierry, Blanc, Proudhon gli fecero conoscere le grandi linee di sviluppo ideologico scaturite dalla Rivoluzione francese, Hugo, Shelley, Platen, Heine lo avvicinarono alle correnti della poesia romantica europea. Dunque ammirazione per il Voltaire e per la rivoluzione francese, e il suo odio al Cristianesimo, che gli pareva incivile e inumano, come quello che ripudiava la vita e la libertà, come quello che da tanti secoli era stato il puntello d'ogni tirannide. Accenti di originalità animano le invettive patriottiche del Carducci contro gli aspetti turpi e meschini degli anni risorgimentali. Il" Romantico della classicità ", come fu definito per la posizione, spesso paradossale, di difensore turbolento della tradizione, si distingueva per il piglio vigoroso della polemica giacobina e repubblicana, per l'accesa e tormentata fantasia epica, per le accorate nostalgie di paesaggi storici. "Molte sono le corde della cetra del Carducci, ma non tutte egualmente sonore ed egualmente sonanti" A breve distanza l'una dall'altra, una dolorosa parentesi: la morte del fratello Dante, suicida, e del padre. C. fu costretto a provvedere al mantenimento della madre e del giovanissimo fratello Valfredo. In questo periodo componeva le liriche comprese in "Levia gravia" (1861 - 1871) e in "Giambi ed epodi" (1867 - 1872), cui premise... l'inno "A Satana" (1863).... ""Questa non è certo poesia da santi, ma da peccatori; peccatori che non s'involano ai consorti nelle fitte selve, né le proprie virtù appiattano, ché altri non ne goda o non le tenti; che delle umane allegrie, degli umani conforti, non si vergognano, e delle vie aperte non se ne chiudono nessuna. Non laude, ma inno materiale. Enotrio canta, dimentico delle maledizioni che dà il catechismo al mondo alla carne al demonio. L'ascetismo perde i difensori e le vittime: l'uomo non va gingillando tra le aspirazioni, le inspirazioni, le espiazioni de' mistici... Alle gioie della terra guardavano i riti degli Ariani, poi dai riti semitici o mascherati o scacciati... Alle gioie della terra, ubriacati di paradiso, si tolgono gli anacoreti; ma natura tarpate le ali, meno agile al volo, salta loro addosso. I canti, fuori da quelle celle non empii, coi fiori della poesia vergine, colle gesta dei forti, rifrugano nelle assopite coscienze e le avvampano ... Ora è una tentatrice, un demonio anche la libertà: lo svolgimento delle umane attività, onde ci cresce insieme il pane e il sorriso, la ricchezza e l'onore, non è che Satana" (Opere, II vol., pag.400) 1870 - Perde la madre e il figlioletto Dante. Periodo di nostalgie, le memorie ("Idillio maremmano", "Nostalgia") della Maremma si fondono con voci sommesse di rimpianto ("Funere mersit acerbo" e "Pianto antico", dedicate alla morte del figlio. L'amore della vita tocca le corde del poeta; ma risonanze più forti hanno gli accenti di stanchezza, di sconforto, di dolore, di triste rassegnazione o di grande sconsolazione, che sgorgano dalle singhiozzanti strofette. 1877 - A luglio, al primo apparire delle "Odi barbare", il suo classicismo fu ritenuto non tanto un orientamento letterario e un indirizzo culturale quanto visione di vita armonica serena e severa. Poi anche in la fondazione di Roma, la Vittoria di Brescia, la guerra contro Annibale, il comune del Medioevo, la lotta contro il Barbarossa, le guerre per il Risorgimento e l' Unità, le glorie di Ferrara, del Cadore, del Piemonte, Mentana, le gesta di Garibaldi, Invoca le grandi ombre dell'Alfieri e del Foscolo, ora esaltando il Niccolini che nella gioventù italiana cercava d'infondere gli antichi ardimenti e risuscitare le note virtù, ora tuonando contro i vigliacchi d'Italia, contro il governo, contro il papato politico, contro ogni ingiustizia e tirannide e specialmente esaltando la stirpe italica e cantando vari momenti della storia, della gloria, della passione della patria. Nel 1870, quando si temeva il ritorno della monarchia a Parigi, il giacobino e filoanarchico poeta, rievoca il 1792 francese, che seppe difendere il suolo patrio e che avviò l'era moderna. Esalta gli uomini più rappresentativi, Danton, Marat, Robespierre, il loro eroismo e giustifica storicamente la ferocia, ne auspica indirettamente nell'invettiva finale la ripresa e la continuazione: "Vino e ferro vogl'io, come a' begli anni Alceo chiedea nel cantico immortal: Il ferro per uccidere i tiranni, il vin per festeggiarne il funeral..." (Per il LXXVIII anniversario della proclamazione della Repubblica Francese ) Alberto Mario su "Odi barbare" espresse un giudizio che fu condiviso dal poeta il 2 settembre successivo quando scrisse alla sua amica Carolina Cristofori Piva: "Ti trascrivo quello che delle Odi barbare scrisse Alberto Mario alla contessa Gozzadini e che la contessa mi mandò trascritto: te lo trascrivo, perché Mario ha proprio colto l'intimo sentimento di quelle poesie: Le Odi barbare sono un capolavoro; sono la prima poesia secondo il mio cuore; sono non solo l'abolizione di tutta la tetraggine medioevale del cristianesimo - inveterata malattia di fegato del mondo civile -, ma il sereno e pieno e soddisfatto possesso della chiave de' suoi secreti e delle sue leggi. E, a cagione di questa chiave, c'è nelle Odi barbare la lietezza greca senza le annesse fisime soprannaturali. E in tale lietezza scientifica vivrà l'umanità nuova."(Lettere, Ed. Naz., 21 voll., Bologna 1938- 1960, XI vol., p. 180). Positivo giudizio che fu condiviso da altri studiosi (come lo specialista di studi politici Domenico Zanichelli), e Carducci ne sembrò convinto. Per altri invece fin dal suo inizio ma soprattutto successivamente, egli rappresentò un esempio tipico di poeta professore, di letterato sostanzialmente estraneo al suo tempo. Sul piano politico il poeta mazziniano e garibaldino a parole, fu giudicato un ingenuo cortigiano e un opportunista; sul piano culturale un attardato che andava dietro una problematica scaduta, indifferente o inconsapevole rispetto ai movimenti più recenti e più originali della letteratura e del pensiero europei. 1890 - Dopo aver aderito alla monarchia, viene nominato senatore del Regno. Carducci in questo periodo, torna al suo ideale classico, e manifesta un'esigenza di perfezione formale che lo ha fatto paragonare ai poeti parnassiani francesi. Ricorre a forme classiche o medievali o adattando le sue ispirazioni a un tipo di orchestrazione verbale che è stata definita "wagneriana ". E' il suo cosiddetto "momento decadentistico". Frequenti incrinature e stanchezze, astrazione e genericità (tutte evidenti nell'ultima raccolta,"Rime e ritmi", 1899) si insinuano in un linguaggio poetico intellettualistico come nelle "Odi barbare". A questa involuzione si accompagna la trasformazione degli ideali politici di Carducci. Pervenuto all'apice della sua fama, il giacobino-filoanarchico si trasforma in vate dei benpensanti. Dopo aver cantato gli eroi repubblicani e democratici sorti dal popolo rivoluzionario, egli s'inchina al fascino - "eterno femminino" - della regina Margherita, che nelle tante feste che offre a corte "....ella si muove e cammina musicalmente con certe pause wagneriane", canta lodi all'invadente "margheritismo", esponendosi a sua volta alle critiche e alle invettive per il conformismo con cui evoca, a breve distanza di tempo -come il "classico" perfetto cortigiano- memorie e glorie di casa Savoia. Il suo "margheritismo" era nato in parallelo a quel clima diventato già guerresco, o almeno molti erano intenzionati a crearlo, il 29 giugno 1882, quando era stata approvata una legge con la quale non solo si votò una spesa straordinaria, ma, per poter sostenere la politica di potenza italiana, si aumentarono da dieci a dodici i corpi d'armata, da 330 mila a 430 mila i soldati di prima linea e da 150 mila a 200 mila quelli di seconda linea. GIOSUE' CARDUCCI poteva ritenersi soddisfatto! Cosicchè il "fiero" poeta, d'impronta più decisamente democratica e giacobina- si fece convincere a far visita all'affascinante regina MARGHERITA e fu folgorato dall' "Eterno femminino regale" (il suo più acerrimo nemico lo bollò "di gonne regali umil lecchino"). Gli dedicò una poesia "Alla regina d'Italia", e appunto la prosa "Eterno femminino regale" (Il titolo l'aveva tolto dalla critica francese, che tradusse dalla frase onde è chiuso il Faust di Goethe "Das Ewigwebliche" in "L'éternel fémminin") Un titolo per significare che il poeta vide impersonata in Margherita di Savoia l'idealità femminile; ammirò, cioè, in lei tutte le più alte qualità di che può essere adorna, e piuttosto spiritualizzata, la donna. Da quel momento il poeta occupò un posto sempre più centrale nella struttura ideologica e culturale dell'Italia umbertina, e diventerà un fedelissimo di Crispi. Non estraneo alla "megalomania" crispina- Carducci lo difese a spada tratta, e coltivando il mito di Roma antica e le aquile imperiali, forse fu lui a spingerlo a volerle riportare in terra d'Africa (più tardi la cultura-bellicista imperiale carducciana fu evocata anche dal fascismo). Alla morte di Oberdan, il 20 dicembre 1882 in quella ventata di nazionalismo e irredentismo che colpì una parte dell'Italia, in un articolo intitolato "XX dicembre" apparso sul "Don Chisciotte" così Carducci "il poeta" già si esprimeva e... incitava: "L'Italia intanto è debole dentro, debolissima alle frontiere. Al nod-est l' Impero austro-ungarico dalle Alpi centrali e orientali la stringe alla gola. Al nord-ovest dalle Alpi occidentali la repubblica francese la minaccia alle spalle. Nelle coste è in balia di tutti, Dentro, ella marcisce nel bizantinismo. Ora non bisogna marcire di più. Ora bisogna: riforme sociali, per la giustizia; riforme economiche, per la forza: armi, armi, armi, per la sicurezza. E armi, non per difendere, ma per offendere. L'Italia, non si difende che offendendo. Altrimenti sarà invasa" E nel "Giambi ed Epodi" (sempre nel 1882) aveva già scritto a proposito della plebe: "Santa canaglia" e "martire": "...la plebe contadina e cafona muore di fame, o imbestia di pellagra e di superstizione, o emigra. Oh menatela almeno a morire di gloria contro i cannoni dell'Austria o della Francia o del diavolo che vi porti!" (pochi anni dopo lo accontentarono, immolarono 600.000 "cafoni") C'era in questi appelli una fortissima contraddizione con la linea di governo, perché lo stesso, sulla Gazzetta Ufficiale, condannò duramente le agitazioni nazionaliste e irredentiste, tese ad incrinare i "buoni rapporti d'amicizia con l'Austria". Ancora nel 1886, in un discorso al popolo al Teatro nuovo di Pisa, Carducci questo declamava: "...io credo di rendere al re d'Italia il massimo onore, quando io lo veggo in fantasia su l'Alpi Giulie a cavallo, capo del suo popolo, segnare con la spada i naturali confini della più grande nazione latina". 1899 - È colto da un attacco di paralisi, ma continuerà a insegnare all'Università di Bologna fino al 1904. 1906 - Gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura. 1907 - Muore il 16 febbraio, 72 enne a Bologna, nella cui Certosa è sepolto

0 commenti:

Posta un commento

 
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Affiliate Network Reviews